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Il tuo migliore biglietto da visita? Una fotografia che mi parli di te

Quando navighiamo in rete, per lavoro o per svago, noi fundraiser abbiamo spesso fretta.

Siamo sempre più affamati di notizie, storie e immagini che ci colpiscano e ci ispirino. Come noi, anche i potenziali donatori sono continuamente stimolati da campagne, iniziative e richieste di donazione: diventa quindi indispensabile per le piccole e medie organizzazioni pensare a strategie sempre innovative per emergere dalla folla.

Insieme a Gaia Relucenti, Corporate Fundraiser presso LIFC Lega Italiana Fibrosi Cistica, abbiamo parlato di fotografia, comunicazione e buona causa, partendo dalla campagna che Ian Pettigrew, fotografo e art director, ha realizzato per sostenere la Cystic Fibrosis Canada.

250201Il fotografo e art director Ian Pettigrew stava lavorando al progetto fotografico “Just Breathe: Fibrosi Cistica” quando si è reso conto che molte delle sue modelle erano giovani e belle. Così ha creato uno spin off dal suo lavoro intitolandolo “Salty Girl“. Quanto è importante oggi lo strumento della fotografia per identificare il donatore con un beneficiario, e quindi con la Mission dell’ONP?

La fotografia nell’era dei social media è uno strumento di grande impatto per veicolare un messaggio sociale: proprio per la sua immediatezza deve riuscire infatti nel difficile compito di trasmettere interesse e curiosità a un pubblico eterogeneo senza discostarsi troppo dalla comunicazione adottata generalmente dalla ONP. Ritengo sia fondamentale che scelta delle immagini, tutela delle persone ritratte e mission della ONP trovino un giusto equilibrio.

Le ragazze fotografate rappresentano un messaggio positivo, di grande forza e speranza. Pensi che l’uso delle immagini stia acquisendo un nuovo significato nel no profit? 

Secondo me l’utilizzo di immagini di forte impatto – come nel caso delle Salty Girls – non deve essere fine a se stesso, ma il tramite per veicolare un messaggio sociale a un pubblico che può agire per cambiare quella situazione in positivo. Nel caso specifico del libro ad esempio le foto sono affiancate dalle testimonianze dirette delle ragazze ritratte, ognuna delle quali racconta il proprio vissuto della malattia.

Il fatto che siano state usate belle ragazze si scontra con l’uso pietistico di certe immagini che spesso affollano il mondo del no profit. E’ casuale o la Lega Fibrosi Cistica voleva lanciare un messaggio?

fotografiaCredo che l’utilizzo di queste immagini sia molto adatto alla patologia, che apparentemente non è visibile come altre. Queste ragazze rappresentano i vari volti della fibrosi cistica, malattia genetica che si può presentare in forme molto diverse da paziente a paziente, ma in ognuna è possibile ritrovare una costante: la voglia di mostrarsi per quello che si è, mettere a nudo le proprie cicatrici rivendicando l’unicità e la bellezza del proprio corpo, seppure malato. Un messaggio importantissimo per tutti ma in particolar modo per chi è affetto da una patologia degenerativa e impattante come la fibrosi cistica.

3 consigli per le piccole ONP: come realizzare una campagna fotografica efficace ma moderata nell’impiego di risorse umane ed economiche, capace di generare LEAD, BUZZ e magari raccogliere FUNDS?

Non sempre l’idea più “costosa” risulta poi la più efficace: una campagna fotografica, come qualsiasi campagna, per generare fondi da sola non basta.

Bisogna avere come base un messaggio importante da comunicare e una buona pianificazione stampa e social media. Mi sento inoltre di consigliare di non realizzare una campagna di questo tipo solo sull’onda di buoni esempi: per una campagna riuscita tante altre non hanno centrato l’obiettivo oppure non hanno raccolto quanto si aspettavano. Specie per una piccola ONP cercherei di utilizzare materiale interno e l’esperienza dei volontari (e magari anche la loro faccia!)

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