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Festival del Fundraising 2019, pensieri sparsi.

Aspettavo questo Festival del Fundraising come si aspettano le vacanze. Il Festival è sempre stato un momento di pausa dalla quotidianità, un momento di confronto con colleghi che hanno le tue stesse domande ma magari nuove risposte, una potente fonte di ispirazione per i giorni successivi. Quest’anno, queste tre aspettative non sono andate deluse, e per fortuna c’è stato anche qualcosa in più. Personale e soggettivo, ovviamente, ma così deve essere per ogni evento che si rispetti: unico ma universale. Vi lascio qui le mie riflessioni, cari colleghi, e buona lettura!

 

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Il nostro è un lavoro di merda.

L’avessi detta io, questa frase, magari nel bel mezzo di una campagna, sarei passata per la solita disfattista. Invece l’ha detta il grande comico Paolo Cevoli, invitato da Valerio Melandri ad aprire la plenaria del Festival del Fundraising per il 2019.

Voi siete come Cristoforo Colombo: rompete così tanto le scatole che alla fine uno ve le dà, ste’ tre caravelle, e alla fine, magari partendo dal presupposto sbagliato, voi fate comunque cose grandiose.

Ci voleva una plenaria così. Ci voleva dire cose importanti con leggerezza, strappare un sorriso a chi di solito è più occupato a lavorare con emozioni “calde”. Io sono arrivata al Festival portandomi il peso di un anno di lavoro, e grazie a qualche bella risata sono riuscita ad azzerare preoccupazioni e dubbi e ad immergermi davvero nello spirito del Festival del Fundraising.

E poi diciamocelo: va bene il mantra che il nostro è il lavoro più bello del mondo, perché grazie a noi si possono realizzare progetti che cambiano il mondo…però non è sempre così! A volte è semplicemente stancante, frustrante, super congestionato da tempistiche e urgenze che poco hanno a che fare con la nostra (vera) professione. Insomma, anche un liberatorio “il vostro è un lavoro di merda” ci può risollevare lo spirito, e invitarci a spalare, ognuno nel proprio giardino, perché da lì almeno ne nascano fiori.

 

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Parole, parole, parole

Quelle non mancano mai, ad un buon fundraiser, ma quest’anno ho cercato davvero di riempire ogni minuto libero dalle sessioni per cercare un confronto, senza paura di chiedere consigli. Tra un treno, un aperitivo ambassador e una sosta al banco di Assif ho parlato per esempio con Francesca, Ludovica e Beatrice (tutte e tre dell’anno di master successivo al mio, ci sarà un feeling particolare!

In momenti diversi e con diversi gradi di profondità, è stato bellissimo chiacchierare tra pari, tra “giovani fundraiser” che non hanno ancora dietro di sè gli anni di esperienza di un senior, ma che già lavorano in questo settore da un po’ di tempo.

Stiamo vedendo il mondo cambiare, abbiamo gli stessi dubbi e molto spesso anche le stesse difficoltà. Abbiamo tutte una formazione di altissimo livello che si scontra spesso con le governance delle nostre organizzazioni, continuiamo a formarci su temi trasversali (il public speaking, il web marketing, tanto per fare un esempio), consapevoli che sono competenze che ci verranno richieste, prima o poi. Non abbiamo paura di spostarci, di cambiare, perché siamo consapevoli che il mondo professionale che abbiamo davanti è molto diverso anche solo da sette anni fa. Insomma, siamo quell’anello di congiunzione tra i senior, le figure famose che chiunque, parlando di fundraising, ha sentito almeno una volta pronunciare, e i giovani che si affacciano a questo mondo, magari con l’aspettativa di trovare lavoro subito e senza una particolare formazione. E’ un fardello da poco e una responsabilità importante, no?

A proposito di fundraiser famosi, questo Festival del Fundraising lascerà un’immagine speciale nel mio cuore, quella della scalinata all’aperto, e di una chiacchierata con una fundraiser che invece è tutto fuorché junior, una delle mie figure di riferimento da quando ho iniziato questo lavoro. Perché il Festival è anche questo, e io lo dico sempre alle matricole: è riuscire a ritagliarti una mezz’ora con un mojito in mano, ancora con le maschere della serata horror, e condividere con una grande fundraiser come Chiara Blasi, responsabile Major Donor di AIRC, domande esistenziali e quasi filosofiche sul senso del nostro lavoro e del futuro che ci aspetta.

Parlare con Chiara mi ha dato davvero la sensazione, come già era successo con le mie giovani colleghe, che il mondo del lavoro per noi fundraiser stia rapidamente cambiando, e che non dobbiamo aver paura di metterci in gioco, per capire davvero cosa più ci piace di questo lavoro – quello che idealmente vorresti fare tutta la vita. Per esempio, il mondo in cui Chiara Blasi ha iniziato – benché l’essere donna e mamma me la renda più vicina – è diverso da quello in cui ho iniziato io, e anche le prospettive future sono diverse: ma un confronto con lei mi ha aperto spazi nuovi, voglia di sperimentare, di mettermi alla prova. Insomma, proprio quello che ti aspetti di portare a casa da un Festival!

 

Le sessioni del Festival del Fundraising

Ammetto che non sono così disciplinata da proporvi le note delle sessioni che ho seguito ( cosa che fa la collega Francesca sul suo blog, se vi iscrivete alla sua newsletter!), però qualche riflessione la condivido volentieri, almeno sulle tre che mi sono piaciute di più.

Michele Messina e la sessione sull’uso di Instagram: ho tanto, tantissimo da imparare. Ne ho viste le potenzialità ma sopratutto mi sono convinta che per mettere a frutto davvero uno strumento potente come questo devo delegare: a qualcuno che abbia il tempo, e sopratutto le competenze per farlo. Vi pare poco? A me no!

La sessione delle Piccole Non Profit. Pietro Tallerico, che mi ha sostituito quest’anno come relatore nella parte sul mailing, mi ha chiesto perché mai mi trovassi a seguire una sessione su cui, in teoria, avrei dovuto saperne un sacco. La verità è che ascoltare Riccardo Friede, Francesca Bellini, Michele Messina e Pietro è sempre un bagno di pragmatismo, di concretezza. I numeri di Greenpeace mi fanno girare la testa, i risultati di Save the Children mi lasciano stupita: ma il mondo che raccontano loro quattro è il mio mondo, piccolo in numeri ma non in sfide, in cui ancora si discute sulla GDPR per il semplice motivo che sei solo in ufficio e la patata bollente è finita su di te, volente o nolente (e qui torniamo al lavoro di merda, cit.). E quindi bravi, sia per gli spunti che per il sano realismo.

Benetta Spinola e la sessione sulle carriere internazionali: io lavoro in un contesto di questo tipo, anche se ridimensionato alla sfera europea, e guardare dal suo punto di vista alcune cose (l’importanza della lingua, delle sfumature di significato, per esempio) è stato davvero illuminante. Puoi avere la stessa mission, infatti, ma non lo stesso modo di lavorare, lo stesso approccio. Trovare un punto di approdo comune è una sfida, e me la porto con me in chiusura di questo Festival del Fundraising.

Gioia Gottini e la sessione sui Facebook Groups: ok, ammetto che la sessione non l’ho seguita perché era in contemporanea con altro, ma ho parlato con Gioia di diverse cose durante il Festival e grazie a lei ho scoperto Binario F, e i suoi corsi di formazione – già in partenza, che bello! Conosco Gioia fin dai tempi della prima Rete al Femminile e quando finalmente ho visto il suo nome (e quello di Rita Bellati) nel panel dei relatori mi sono complimentata per la scelta, finalmente un po’ fuori dagli schemi.

 

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Infine, l’impegno.

Io e Maria eravamo partite con l’idea di vestirci da gemelle di Shining. Scontato, forse, ma non ci veniva in mente altro. Purtroppo però i costumi non sono arrivati in tempo e mercoledì sera era ancora aperta una chat sul tema “Festa Horror”. La previsione di chiuderci nel Networking Dinner, però, ci ha fatto aguzzare l’ingegno e così è venuto fuori questo:

Federica: Sai cosa mi spaventa veramente? Il cambiamento climatico. E il fatto che non freghi una mazza a nessuno.

Maria: Sì, anche a me, è spaventoso.

Federica: Senti, ma se cerco al volo una maschera di Donald Trump? Alla fine è l’uomo più potente del mondo e deliberatamente sceglie di ignorare il problema!

Maria: Mi piace. E io?

Federica: Ce l’hai un impermeabile giallo?

Maria: Sì.

Federica: Perfetto, allora tu fai Greta Thunberg, l’attivista. Fatti le treccine e siamo a posto. Ah, e portami una cravatta!

Abbiamo ordinato la maschera di Donald su Amazon Prime e giovedì è arrivata in hotel, salvandoci la serata, con questo risultato.

 

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Al di là della boutade, però, sarei felice se il nostro travestimento fosse riuscito a portare un po’ di consapevolezza tra i fundraiser. Che cosa, nel 2019, ci fa davvero paura? Gli zombie o lo scioglimento dei ghiacciai? Dracula o Kim Jong Un? Un esercito di infermiere assassine o la volontà di una certa politica nel calpestare i diritti umani? Facciamo sentire la nostra voce fundraiser, e quella delle nostre organizzazioni! E’ tempo di schierarsi, e i nostri donatori saranno dalla nostra parte, statene certi!

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