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Fondazioni Internazionali: I can’t live without you

Antoine de Saint-Exupéry ha scritto che Un obiettivo senza un piano, è solo un desiderio. E se il nostro obiettivo di fundraising sono le Fondazioni Internazionali, non ci sono eccezioni.
Bella scoperta, starete pensando. Che la raccolta fondi sia pianificazione non è ormai una questione assodata anche con le Fondazioni? Lo spero, penso io. Ma credo che la realtà delle piccole e medie organizzazioni a volte ci consegni amare smentite.
Andiamo però con ordine.

Il mio ultimo post, faceva il punto su come muovere i primi passi per approcciare il fundraising al di là dei confini nazionali (fondazioni comprese). Seguire il modulo sulle Fondazioni internazionali, organizzato dal master in fundraising di Forlì, è stato per me un riordinare le idee, confermare consapevolezze e soprattutto aggiungere tasselli qua e là. Grazie a Chris Carnie, docente e consulente di filantropia in Europa e Medio Oriente e a Luz Rodriguez, responsabile dei programmi di raccolta fondi per organizzazioni non americane del Foundation Center di New York, ho potuto mettere una cornice alla tela su cui avevo spennellato da autodidatta.

Così provo a dar seguito e a condividere una sintesi dei due giorni di corso, i quali, oltre che formativi sono stati stimolanti e divertenti. In perfetta modalità master di Forlì.

Perché il b5a46d5f10242b319f302efdc6db8df0fundraising da Fondazioni internazionali?

Partiamo dai dati, che, si sa, convincono anche i più scettici. Per esempio,  guardando dritto negli occhi il vero volto della filantropia americana – parafrasando Luz Rodriguez – c’è da mettere in evidenza che, secondo una ricerca del Center On Philantropy dell’Indiana University, il totale dei contributi privati è pari a 358,18 miliardi di dollari, di cui un significativo supporto del 15% proviene da fondazioni, secondo solo al supporto degli individui (Giving USA 2015). Inoltre, nel 2012, ben 86.192 fondazioni hanno erogato, nel complesso, 715 miliardi di dollari (Foundation Center 2014). E ancora, tutte le fondazioni americane prevedono una quota del loro patrimonio pari al 5% da destinare alle organizzazioni prescelte, il cosiddetto payout.

Come costruire la relazione?

Come ogni relazione d’amore che si rispetti, suggerisce Luz. E la formula I cannot live without you rende bene l’idea. Quando siamo DAVVERO interessati a qualcuno come ci comportiamo? Ci facciamo sentire e sondiamo il terreno giusto? Questo, tradotto sul mercato delle fondazioni internazionali, significa occuparsi della stewardship, quindi il board. Se non conosciamo la persona che ci toglie il sonno la notte di solito ci adoperiamo per farcela presentare da amici in comune, oppure con una piccola attività di stalkeraggio (scagli la prima pietra chi è senza peccato) cerchiamo di scoprire i luoghi che frequenta, i suoi interessi, in modo tale da essere casualmente presenti e attenti. Faremo esattamente la stessa cosa con quella fondazione che ci sembra così adatta alla missione della nostra organizzazione: la corteggeremo.
La relazione tra fondazioni internazionali grantmaking e una organizzazione non profit è costruita su un reciproco interesse e su un desiderio comune di migliorare un bene pubblico o civico. E le Fondazioni, proprio tramite le charity (le nostre non profit, appunto) possono portare a compimento le loro responsabilità sociali.

Fondazioni internazionali come major donor?

Assolutamente sì. L’intramontabile acronimo L.A.I., ossia Linkage, Ability e Interest, è valido sempre. In quest’ottica spenderemo ore e ore in ricerche – perché si sa e ce lo confermano anche Chris e Luz, che il fundraising è 80% ricerca e pianificazione e 20% richiesta, tranne rare eccezioni. Dunque dobbiamo considerare le fondazioni internazionali come grandi donatori e avere esperti dedicati alle relazioni, alle presentazioni, al One To One e alle tipiche mosse da major donor. Per scegliere le prime fondazioni da approcciare individueremo chi ha le fette più proporzionate possibili delle tre torte: l’inconfondibile torta mimosa dell’interesse, la gustosa sacher del denaro da investire e la deliziosa millefoglie dei molti collegamenti.
E come trovare fondazioni tanto succulente? La lista delle fonti possibili è molto lunga, ve l’assicuro. Dal classico google al mirato Linkedin, dai professionali database che decisamente migliorano la vita dei fundraiser ai media nazionali e internazionali.  Senza dimenticare i competitor della nostra ONG.

I cannot live without you… ma prepariamo un logical model

Studio di fattibilità prima di ogni cosa. Chris Carnie, con il suo elegante accento scozzese, alla domanda Quando un’Associazione è pronta?, disegna un chiaro schema da tener presente per valutare la feasibility. Dopo l’analisi di mercato, indicatori di salute dell’Organizzazione sono nell’ordine: disponibilità di investimento monetario e bilancio in attivo, qualità del progetto, leadership sana, una proposta di valore, le capacità di network e il network, l’approccio organizzativo. Alcune possono rientrare in aree di miglioramento, ma le prime tre sono imprescindibili.
E qui ritorFondazioni Internazionali _projectna, con la sua mole imponente, l’indispensabile piano strategico. Le ONG che hanno successo sono quelle che pianificano le loro azioni, i loro progetti  e lavorano instancabilmente per portare a compimento il piano. Perché la chiave di un esito positivo non è solo avere una strategia, ma metterla in pratica per raggiungere i propri obiettivi.

Presentarsi  (e convincere)

Per presentare un argomento convincente non basta raccontare al nostro interlocutore quanto sia importante: bisogna dimostrarglielo. Come? Partendo dai cosiddetti outcomes, i risultati del nostro progetto. Da lì ripercorreremo a ritroso le nostre idee, che avremo provveduto a illustrare tramite il classico modello logico, che noi fundraiser conosciamo bene. Cosa vogliamo quindi dalle fondazioni internazionali? Finanziamenti, certo. Ma è tutto qui? Di cosa ha bisogno il nostro progetto per avere successo? Con quali attività abbiamo dettagliatamente immaginato di raggiungere in concreto i nostri obiettivi?
Inoltre, per un progetto a prova di WeAreSorry, non siamo interessati, una delle parole chiave è PARTNERSHIP. È necessaria una buona analisi di mercato per individuare quali siano le altre ONG in campo e per capire se dobbiamo competere o possiamo collaborare. La seconda ipotesi sarebbe preferibile, poiché le fondazioni  vedono di buon occhio le partnership. Ancor di più se una di loro è un cofinanziamento.

 

 

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